La società delle "maschere"

22.03.2025

E' difficile campare di scrittura al giorno d'oggi. La nostra società è talmente nevrotica, superficiale, piena di "tic" velenosi e aspettative del perfetto e super-performante. Tutti dobbiamo essere uguali; nel fare, nel dire, nell'ottenere e nel mostrarci impassibili ed invincibili. Ma tutti possiamo trovare nella diversità l'uguaglianza, ognuno di noi ha dei pregi e dei difetti tutti suoi; luci ed ombre, male e bene.

Fin qui tutto ok. Anche se spesso diamo queste concezioni per scontate. Non possiamo risultare "uguali" per ogni persona, né per noi stessi. Nel regno umano fà da padrone la "soggettività" e il "relativo". Anche se non lo vogliamo ammettere.

Se c'è uno scrittore che ha scavato un solco importante nella mia memoria e nel mio modo di vedere la vita, questo è Luigi Pirandello, romanziere e drammaturgo siciliano, vissuto nella prima metà del '900. Lui affermava che ad ogni individuo viene "imposta" dalla società una "maschera" fittizia, a seconda del contesto e del tipo di persone con cui esso viene ad interfacciare.

Quando ho dovuto (e con piacere) imparato il pensiero filosofico di "Luigi", ho provato la stessa sensazione di come quando ci si affaccia da una finestra antistante il mare, mentre la brezza salmastra ti accarezza il viso. Sai che esso esiste, ma solo in quel momento lo vedi in modo così chiaro e vivido. 

Una delle sue opere più famose e portatrici di questo pensiero è il romanzo "Uno, nessuno e centomila". (che ho letto quando ho fatto la maturità, durante i miei viaggi in autobus verso casa). Fa quasi impressione la veridicità e l'attualità del pensiero di Pirandello, tanto che il Premio Nobel per la letteratura arriva a sostenere la pluralità della "verità" nella società, fino a giungere alla conclusione che solo attraverso la strada della "follia" si può giungere all'autentico "Io" delle cose. Certo, diventare matti pur di vedere il reale significato di persone, società e fenomeni ed essere visti a nostra volta, suona un po' inquietante; forse basterebbe una giusta dose di sano "individualismo", ma, allo stesso tempo, di inclusività "vera" (non quella imposta dai canoni sociali del "perbenismo", delle mode e dal fare pace con i sensi di colpa) e di riduzione dei pregiudizi.

E voi!? Cosa ne pensate del pensiero di questo scrittore? Siete d'accordo o avreste qualcosa da dire?

Fatemelo sapere perfavore? Le diverse prospettive arricchiscono la mente e la vita!